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Christmas truce ovvero Weihnachtsfrieden, semplicemente l’amichevole più speciale di sempre. Quella di Natale.

Grande Guerra. Chiamiamo così il più grande conflitto armato mai combattuto sul pianeta, fino alla successiva Seconda guerra mondiale. Fu un massacro, ed ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra austro-ungherese rivolta al Regno di Serbia, in seguito all’assasinio dell’arciduca erede al trono d’Austria-Ungheria Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este e della moglie Sophie Chotek von Chotkowa avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo durante la solenne celebrazione della festa nazionale serba, per mano del nazionalista diciannovenne serbo Gavrilo Princip. Certo è paradossale: l’arciduca infatti era forse l’unico austriaco autorevole che fosse comprensivo verso i nazionalisti serbi, eppure per un gioco del destino morì. Da questo avvenimento scaturì tuttavia una drammatica crisi diplomatica che infiammò l’Europa, e non solo. A causa del gioco di alleanze formatesi nei decenni precedenti, nella guerra furono coinvolte le maggiori potenze mondiali, e le rispettive colonie, in due blocchi contrapposti: da una parte gli Imperi centrali (quello tedesco, quello austro-ungarico e quello ottomano), dall’altra gli Alleati (principalmente la Francia e la Gran Bretagna, l’Impero russo e quello giapponese). Risultato? Morirono ventiquattro milioni di persone, solo durante il conflitto, fra militari e popolazione civile.

3 agosto del 1914. Quel giorno la Germania dichiarava guerra alla Francia e iniziava le operazioni sul suo fronte occidentale, secondo il cosiddetto “Piano Schlieffen” che prendeva il nome dal suo autore, il capo di Stato Maggiore tedesco e feldmaresciallo Alfred Graf von Schlieffen, appunto. La strategia prevedeva una rapida vittoria sulla Francia attraverso la mobilitazione del potente esercito tedesco, che, senza tenere conto della neutralità di Belgio e Paesi Bassi, doveva di sorpresa – e molto scorrettamente – dilagare attraverso di essi in direzione sud-ovest attraverso le Fiandre verso Parigi, colpendo la Francia in un settore completamente sguarnito. Tuttavia le cose non andarono come previsto, e dopo alcuni iniziali successi i tedeschi iniziarono a rallentare la loro corsa. Intanto i belgi resistettero. Anche se militarmente travolti, i civili di quel paese non si persero d’animo e non collaborarono affatto con l’invasore, sabotandone sistematicamente le manovre: a volte allagando la campagne altre volte trasformandosi in cecchini. E poi l’intervento del Corpo di spedizione britannico: il contingente dell’esercito di Sua Maestà, numericamente ridotto ma ben addestrato ed esperto, inviato in Francia e in Belgio in aiuto dell’esercito francese, si rivelò sorprendente. I britannici si scontrarono la prima volta nella località di Mons il 23 agosto 1914 contro il potente esercito teutonico, e, mentre contemporaneamente l’esercito francese veniva schiantato dalle truppe germaniche nelle Ardenne e in Lorena, inglesi e scozzesi si batterono validamente contro i tedeschi mettendo in mostra disciplina e combattività e infliggendo sensibili perdite al nemico, prima di ripiegare per evitare di essere accerchiati.

In un certo senso, entrambi i contendenti uscirono vincitori a Mons. I britannici, in inferiorità numerica, riuscirono infatti a trattenere per ben 48 ore la I.Armee-Korps, che appariva inarrestabile infliggendole pesanti perdite. Gli inglesi riuscirono anche a ritirarsi con ordine, raggiungendo il loro obbiettivo primario, cioè impedire l’attacco tedesco alla V armée dell’esercito francese, proteggendola. Fu ina prova utile al morale degli uomini, poiché fu il primo scontro sul continente in cui venissero coinvolti soldati inglesi dalla Guerra di Crimea, e vi era grande incertezza su come essi si sarebbero comportati. Al contrario i tedeschi capirono di aver subito un duro colpo da un avversario che precedentemente avevano considerato incapace di opporsi seriamente alla loro avanzata, quasi deridendolo. Mons rappresentò tatticamente una sconfitta per la Germania, ma, comunque, anche una vittoria strategica: nonostante fossero stati temporaneamente bloccati dagli inglesi ed avessero sofferto pesanti perdite, riuscirono lo stesso ad attraversare la barriera costituita dal canale Mons-Condé, quello stesso giorno sia i francesi da Charleroi sia i belgi da Namur cedettero alla pressione tedesca e iniziarono a ripiegare mentre i tedeschi avanzano in territorio francese, trovandosi fin quasi alle porte di Parigi – abbandonata dal governo transalpino, che si era trasferito a Bordeaux, per prudenza – prima di essere bloccati sulla Marna.

La prima battaglia della Marna fu decisiva per il corso degli eventi successivi, e tuttavia sorprendente. Infatti l’esercito tedesco arrivato fino a pochi chilometri dalla capitale francese, venne inaspettatamente contrattaccato dall’esercito francese che, nonostante la precedente sconfitta e la lunga ritirata dalle Ardenne, aveva mantenuto la coesione e lo spirito offensivo. La battaglia si svolse tra il 5 e il 12 settembre 1914 e si concluse con la vittoria anglo-francese grazie anche a una serie di errori strategici abbastanza clamorosi dell’Alto comando tedesco, che indusse l’esercito del Kaiser a ripiegare dietro la Marna e poi sull’Aisne dove francesi e britannici tuttavia non li inseguirono contrattaccando. E anche questo fu sorprendente. La prima battaglia della Marna tuttavia segnò un momento decisivo della prima guerra mondiale, perché decretò il fallimento degli ambiziosi piani tedeschi e delle loro speranze di vittoria entro sei settimane, rinsaldò la resistenza e la volontà degli Alleati, indusse i russi ad attaccare la Germania da est e trasformò la guerra in una lunga lotta di logoramento nelle trincee, che sarebbe continuata nel fango per altri quattro lunghi anni fino alla sconfitta finale della Germania imperiale.

Tornando all’esito dello scontro sulla Marna, nei mesi successivi i due eserciti nemici cercarono di aggirare reciprocamente il fianco settentrionale dell’avversario, per questo i combattimenti si estesero progressivamente verso nord, ancora nella regione belga delle Fiandre, mentre lungo la linea del fronte presero a comparire i primi sistemi di trincee. Alla fine di novembre del 1914, dopo la conclusione della prima battaglia di Ypres, la situazione giunse a un punto di “stallo”: la guerra di movimento voluta dai tedeschi cessò e il fronte si stabilizzò lungo una linea continua di trincee estesa dal Mare del Nord alla Svizzera, dietro cui i contendenti anglo-francesi e tedeschi si ammassarono a difesa dei reciproci territori. Intanto, con l’approssimarsi del primo Natale “di guerra”, furono intraprese diverse iniziative a favore della pace: una Open Christmas Letter [in pratica: una lettera aperta di Natale] fu pubblicamente sottoscritta da un’associazione femminile britannica e indirizzata alle “donne di Germania e Austria” come messaggio di pace, mentre il 7 dicembre 1914, il Papa Benedetto XV avanzava la proposta di sottoscrivere una tregua natalizia tra i governi belligeranti, chiedendo che “i cannoni possano tacere almeno nella notte in cui gli angeli cantano”. Ma la lettera delle donne venne ignorata e la richiesta papalina ufficialmente respinta. L’assurda carneficina sarebbe continuata.

Eppure un «miracolo» avvenne comunque, quel Natale del 1914. Infatti circa 100.000 soldati britannici, francesi e tedeschi furono coinvolti in una cessazione informale delle ostilità, lungo il fronte occidentale. Nei primi mesi del conflitto, quando ancora la tremenda guerra di trincea era agli inizi, gli episodi di tregue spontanee tra le opposte fazioni non costituirono episodi rari: in molti settori si instaurò un rapporto di “vivi e lascia vivere” tra i soldati, e unità opposte schierate a stretto contatto limitarono spesso gli atteggiamenti e permisero cessate il fuoco non ufficiali per permettere il recupero di morti e feriti dalla “terra di nessuno”. Ma a Natale successe qualcosa di più straordinario. La vigilia i tedeschi iniziarono a cantare e gli inglesi a rispondere, cantando a loro volta, ed iniziando timidamente a scambiarsi gli auguri di Natale. Poco a poco, i più intraprendenti iniziarono a incontrasi nella “terra di nessuno” scambiando piccoli doni: alcool, cibo e tabacco, fino a veri e propri souvenir, come bottoni e cappelli del propio esercito. La tregua consentì anche di riportare dietro le loro linee i cadaveri dei commilitoni caduti, allo scopo di dare loro almeno pietosa sepoltura. Britannici e tedeschi concordarono una tregua fino alla mezzanotte di Natale, che invece durò poi fino alla mezzanotte del giorno successivo, offrendo a quegli uomini che si stavano scannando solo poche ore prima, la possibilità di parlarsi e di fare conoscenza amichevolmente. I soldati chiacchieravano, avevano molte cose in comune. Vivevano negli stessi campi, sotto la stessa pioggia e odiavano la guerra. E poi, erano curiosi. Come si stava dall’altra parte? Un ufficiale inglese apprese con sconcerto che il suo omologo tedesco credeva fermamente di combattere per la libertà. “Impossibile”, aveva risposto, “noi combattiamo per la libertà”. Sainsbury’s, la seconda catena di supermercati nel Regno Unito, ricavò dalla memoria di quell’evento un memorabile – quanto criticato – spot natalizio.

Molti tedeschi poi parlavano inglese e così poterono dialogare coi loro nemici, senza tardare molto a scoprire una passione in comune: quella per il football, inventato dai britannici e lì già praticato ad altissimi livelli. In Inghilterra infatti il campionato giunto quell’anno alla 27ª edizione era iniziato il 1º settembre 1914 nonostante la guerra, proprio perché si sperava ovunque che potesse terminare rapidamente, e terminerà il 28 aprile 1915 con la vittoria dell’Everton, al suo secondo titolo, guidato dallo scozzese Bobby Parker, che sarà capocannoniere della First Division, detronizzando i campioni dell’anno precedente del Blackburn. Invece la squadra detentrice della Coppa d’Inghilterra era l’Aston Villa di Birmingham, che nel 1913 l’aveva contesa al forte Sunderland vincendo per 1-0, grazie a un goal di Tommy Barber, che poi la Grande Guerra la combatterà per davvero e trincea, servendo come soldato semplice e partecipando alla battaglia di Bois d’Elville e all’attacco di Bois des Fourcaux nell’estate del 1916, quando si combatterà sulla Somme, dove subirà gravi ferite da arma da fuoco alle gambe che lo faranno tornare in Gran Bretagna, dove morirà per la pleurite e la tubercolosi. Il 17th (Service) Battalion, un battaglione di fanteria del Middlesex Regiment, dove Tommy Barber si arruolò ci racconta un’altra storia affascinante: si trattava infatti di uno dei tanti “Pals Batalion”, appositamente costituiti dell’esercito britannico allo scopo di assecondare uomini che si erano arruolati in unità di reclutamento locali, con la promessa che avrebbero servito la patria, ma insieme ai loro amici, vicini e colleghi, arruolati pure loro, piuttosto che essere arbitrariamente assegnati ad altri battaglioni.

Saranno in molti davvero ad arruolarsi fra i calciatori professionisti, motivo per cui il nome più comunemente usato, “The Football Battalion” designerà tre diversi battaglioni: il 17th e il 23rd (Service) Battalion, che serviranno nel Middlesex Regiment e il 16th (2nd Edinburgh) (Service) Battalion che servirà nei Royal Scots, e conterà niente meno che la prima squadra, quella di riserva, diversi membri del consiglio di amministrazione e dello staff, e un considerevole numero di sostenitori del club professionistico scozzese Heart of Midlothian FC di Edimburgo, che si distingueranno nella battaglia della Somme nel 1916. Un sottotenente del Football Batalion che non passò inosservato fu Walter Tull, a lungo giocatore del Tottenham Hotspur e successivamente del Northampton, niente meno che il primo ufficiale colored arruolato nell’esercito britannico. Purtroppo morirà nei pressi del villaggio di Favreuil il 25 marzo del 1918 durante la battaglia di Baupaume, rimanendo laggiù per sempre. Il suo corpo non fu mai recuperato infatti, nonostante gli sforzi, tra gli altri, di Tom Billingham, suo amico e portiere del Leicester City, il più vicino a lui durante l’azione fatale; il nome e la classe di Tull sono tuttavia ancora ricordati nel memoriale a lui dedicato presso il Sixfields Stadium di Northampton.

Comunque il calcio era naturalmente già molto diffuso e praticato anche in Germania, soprattutto ad Amburgo, Berlino, Duisburg, Lipsia, Norimberga e Stoccarda. La nazionale di calcio era ancora debole e incerta e risentiva di un campionato – la Verbandsliga – giocato in forma di coppa fra i campioni dei sette campionati interregionali della Germania. Tuttavia la passione era già consolidata come l’ammirazione sportiva per gli inglesi, che avevano sempre sonoramente sconfitto – schierando peraltro i “loro” dilettanti – la nazionale tedesca. Il calcio, lo sappiamo, è uno sport di squadra che si può giocare ovunque, universale e istintivo contagia chiunque. Forse era inevitabile. Succede sempre, succede ovunque. Saltarono fuori dei palloni, di fortuna. E alcuni uomini di entrambe le parti liberati per un attimo dai confini delle trincee, iniziarono a tirare calci alla palla su un terreno che il freddo gelido aveva indurito, dopo giorni di pioggia e fango. Quello che seguì, però, leggendario: una vera e propria partita giocata tra britannici e tedeschi, che questi ultimi potrebbero aver vinto sconfiggendo sul campo i maestri indiscussi del gioco, per 3-2. Della tregua e della partita i media dell’epoca non parlarono, in una sorta di comprensibile autocensura, rotta infine il 31 dicembre 1914 dal New York Times e in seguito dai giornali britannici, che riportarono numerosi resoconti degli stessi soldati, ricavati dalle lettere inviate alle famiglie, pubblicando inoltre alcune sorprendenti fotografie degli eventi, in particolare il Daily Mirror, il Manchester Guardian e l’autorevole Times che approvò la “mancanza di cattiveria e la sportività”, dimostrate da entrambe le parti in quel momento felice, – battezzato Christmas truce ovvero in tedesco Weihnachtsfrieden – deplorando “l’assurda tragedia” che sarebbe ripresa dopo la tregua di Natale.

Tutto ciò è interessante perché esemplificativo di un certo carattere nazionale, forse. Infatti colpisce l’accento dei britannici sul fair play che loro intendono come quel comportamento rispettoso delle regole, che garantisce le stesse opportunità ai diversi contendenti, nello sport, nella politica e nei rapporti umani e sociali. Il racconto dell’evento in Germania invece fu smorzato, con molti giornali che espressero critiche nei confronti dei soldati partecipanti alla tregua, e nessuna immagine dell’evento fu pubblicata in ossequio al militarismo teutonico e forse in ossequio a quella visione nietzschiana che il nazionalsocialismo avrebbe strumentalizzato a breve. In Francia, i giornali ristamparono un precedente avviso del governo, secondo cui fraternizzare con il nemico costituiva tradimento, mentre il racconto della “tregua di Natale”, tendeva più che altro a minimizzare la portata e la diffusione degli eventi. Ben cento anni dopo, nella cittadina belga di Ploegsteert, l’allora presidente dell’Uefa Michel Platini inaugurava un monumento a ricordo del giorno in cui il pallone unì i soldati provenienti da due nazioni nemiche, che per qualche ora espressero la loro umanità, giocando insieme al calcio. In chiusura della cerimonia, degli emozionati ex calciatori e fuoriclasse come il tedesco Paul Breitner, l’inglese Bobby Charlton e il francese Didier Deschamps, lessero le lettere alle famiglie scritte da alcuni dei soldati che parteciparono a quella partita nel giorno di Natale.

In futuro non si ripeteranno più episodi tanto clamorosi, e non ci sarà più qualcosa di simile a quella tregua di Natale del 1914, ma come che sia andata davvero la storia quella partita si giocò, e le testimonianze non mancano attraverso le lettere scritte dai soldati di allora che raccontano l’episodio ai propri cari. Anzi, in quei giorni lungo il “fronte” si giocarono altre partite, sempre fra britannici e tedeschi. Purtroppo il calcio non fermò la guerra, ma quella storia ha un immenso valore simbolico, se contestualizzata senza retorica: mostra quali sentimenti dovrebbero sempre prevalere. Invece quasi sempre succede il contrario. A proposito: recentemente è stata scoperta una lettera scritta dal generale britannico Walter Congreve, che racconta alla moglie della tregua e della partita di calcio, anche se ammette di non averla vista con i propri occhi ma di averlo saputo da testimoni oculari. Era un bel momento, ma sarebbe finito presto. Ne dà conto, con una battuta piuttosto macabra, nella stessa lettera: “Uno dei miei uomini ha fumato un sigaro con il miglior cecchino dell’esercito tedesco, un ragazzo non più che diciottenne. Dicono che ha ucciso più uomini di tutti gli altri, è un tiratore infallibile … ma ora sappiamo da dove spara, e domani spero di abbatterlo”. Sì, la guerra sarebbe continuata.

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